IL 5 settembre trascorre uguale ai precedenti alla Cittadella, con i 14 cannoni francesi che tirano incessantemente sulla breccia della mezzaluna di soccorso e del bastione San Maurizio. Tra le 22 e le 23 i francesi tentano un assalto, ma con poca convinzione: vengono respinti già nei fossati. Tutti i pensieri, degli assedianti come dei difensori, sono rivolti allarmata di soccorso in arrivo. La quale nel frattempo ha compiuto un’azione militare di rilevanza tutt’altro che secondaria, dal momento che prelude a uno degli eventi più famosi e celebrati dell’intero assedio.

Facciamo un salto nel tempo e nello spazio e andiamo a leggere i movimenti del Duca di Savoia e del Principe Eugenio, in una delle cronache dell’epoca:

“Dopo aver passato quattro grandi fiumi che servivano da fossati alle quattro trincee che i Nemici avevano fatto per impedirci il passaggio e dopo trentaquattro marce, la nostra Armata arrivò nei dintorni di Torino il trentunesimo giorno del mese di agosto. Il primo di settembre Su Altezza Reale (il Duca di Savoia) si ricongiunse con la sua Cavalleria e tutta l’Armata passò il Po il quarto giorno tra Moncalieri e Carignano. Dalla parte di Chieri si lasciarono quattro Battaglioni con diecimila uomini della Milizia agli ordini del Conte di Santena con una quantità di polvere da gettare su Torino nel caso che i Nemici avessero lasciato la montagna per opporsi con tutte le loro forze alla nostra Armata. Il quinto giorno ci si accampò vicino alla Dora, e siccome Sua Altezza Reale ebbe la notizia che un convoglio di milletrecento muli veniva da Susa, fece passare al Marchese Visconti con la Cavalleria dell’ala sinistra della prima linea il guado di Alpignano e con quella della seconda linea della stessa ala il Marchese de l’Angallerie passò al di sotto di Pianezza, così il convoglio, trovandosi nei dintorni di questo villaggio, fu preso tra due fuochi. Il Sig. Bonel che comandava la scorta fu battuto e il Reggimento di Chatillon interamente
sconfitto. Quel giorno si presero ottocento muli carichi…”

I sopravvissuti a quell’imboscata si rifugiano nel castello di Pianezza, che i francesi utilizzavano come deposito d’armi. Come dicevo quest’azione è significativa perché prelude a un  episodio diventato famoso in seguito più che tra i contemporanei, e di cui scriverò domani parlando del secondo “eroe plebeo” dell’assedio di Torino: Maria Bricca.

Il quadro, di Giuseppe Pietro Bagetti, raffigura proprio la presa di un convoglio tra Alpignano e Pianezza nel 1706, ed è conservato presso il Palazzo Reale.